La Processione da Baderniga al Santuario della Madonna del Carrozzone
La seconda domenica di luglio per sciogliere un voto fatto dalla popolazione della contrada di Baderniga nel 1836 si svolge una singolare processione dalla contrada stessa sino al santuario della Madonna del Carrozzone.
La processione ha luogo alle 4 del mattino e a guidarla sono le donne della contrada. Sin dalle 3 tuttavia le donne passano con latte e campanacci a dare la sveglia alla gente della frazione e ad avvisarli della imminente processione.
Il voto fu fatto dalla gente di Baderniga alla Vergine Maria per scongiurare la fine dell'epidemia di colera che falcidiava la popolazione.
A testimoniare il fatto vi è una lapide sulla porta principale del piccolo santuario che dice: "Nel 1836 dopo una processione a questo Santuario diretta dall'Economio Spirituale don Antonio Fusi cessò il colera".
Nel santuario si ritrova inoltre un bellissimo quadro ex voto che ricorda l'evento.
L'origine del nome e del Santuario dedicato al Santuario della Madonna del Carrozzone
Conosciamo assai poco circa i primordi del venerato Santuario della Madonna del Carrozzone e tutte le straordinarie vicende che conferiscono al piccolo Santuario un'atmosfera di grande attrattiva devozionale sono riferite al secolo scorso.
Si potrebbe pensare ad un'origine recente per il Santuario ma, se si prende in considerazione il nome stesso, assai interessante, di Carrozzone si scoprono alcuni rilievi di assoluta curiosità.
Si tratta di un toponimo che ha subito una evoluzione interessante ed emblematica; la località che oggi identifica il Santuario sul confine con il Comune di Gavardo rappresenta un curioso caso di "etimologia popolare".
Deriva infatti da una forma originaria di CARAZONO/CAREZONO documentata a lungo a partire dal XIV secolo in qua (nel 1300 si legge "in terra de CARAZONO" o "in contrata CAROZARUM", "in contrada Campo di CAROZE" ecc.).
Si è passati solo in epoca più tarda alla forma di CARROZZONE sulla scorta della tradizione popolare che ricorda una processione con relativo "carroccio" per scongiurare la fine dell'epidemia di colera del 1836 e il salvataggio del "carro" di bambini ribaltato dal cavallo imbizzarrito.
Fatti questi realmente accaduti e tuttora oggetto di una fervida devozione e perciò stesso scolpiti nell'immaginario popolare. A completare il panorama delle ipotesi quella che fosse un luogo adibito al cambio di cavalli per carrozze (Mosconi, Il paese di Prevalle, p.61).
Il nome, invece, ha origine diversa e, per così dire, più... terra terra, deriva infatti dal termine latino CAREX = "cariceto, luogo di carici (piante palustri assai diffuse). Il termine appartiene, peraltro, al dialetto bresciano e come toponimo è frequente in zona.
Le grazie e il voto della processione
La seconda domenica di luglio per sciogliere un voto fatto nel 1836 dalla popolazione della contrada di Baderniga, una delle otto che compongono il paese di Prevalle, si svolge una singolare processione dalla contrada stessa sino al santuario della Madonna del Carrozzone.
La processione ha luogo alle 4 del mattino e a guidarla sono le donne della contrada. Sin dalle 3 tuttavia le donne passano con latte e campanacci a dare la sveglia alla gente della frazione e ad avvisarli della imminente processione.
Il voto fu fatto dalla gente di Baderniga alla Vergine Maria per scongiurare la fine dell'epidemia di colera che falcidiava la popolazione.
A testimoniare il fatto vi è una lapide sulla porta principale del piccolo santuario che dice: "Nel 1836 dopo una processione a questo Santuario diretta dall'Economio Spirituale don Antonio Fusi cessò il colera".
Nel santuario si ritrova inoltre un bellissimo quadro ex voto che ricorda l'evento.
La processione che perpetua il voto fatto procede tra preghiere e canti fino al santuario dove, sempre in orario antelucano, ha luogo la S.Messa.
Sappiamo pochissimo intorno alla devozione e all'esistenza di un Santuario prima di quella data, solo poche carte dell'Archivio Parrocchiale attestano l'esistenza di una solennità celebrata al Carrozzone almeno sin dal 1820.
Meno noto è l'episodio di un felice ricorso all'intercessione della Madonna del Carrozzone nel 1828 in occasione di una tremenda siccità. Il parroco don Zanaglio nelle sue memorie così ricorda l'avvenimento: "il dì 6 luglio 1828 si fece una processione di penitenza all'immagine della Beata Vergine così detta del Carozzone, cui si porta da molte persone gran divozione col beneplacito di quel parroco di Gavardo dovvendo scorrere porzion di terra di quella giurisdizione onde ottenere la pioggia in una fierissima e ostinata siccità, e nel giorno medesimo, sebben stato sempre sereno, si ebbe un prodigioso refrigerio".
Nel corso di un'ulteriore epidemia di colera scoppiato nel 1867 la popolazione della Parrocchia di San Michele implorò solennemente l'aiuto della Beata Vergine del Carrozzone.
Un'altra, straordinaria grazie è ricordata da un'epigrafe e ricordata nella memoria degli anziani. "Nel 1923 il Parroco don Giovanni Beccalossi vedendo fuggire il cavallo che trasportava i bambini della Prima Comunione invocò questa Madonna , il veicolo si capovolse ma i bambini restarono incolumi. Nel 1936 il popolo riconoscente pose questo ricordo".
Così descrive la chiesa P.Anacleto Mosconi nel suo libro su Prevalle: "sull'unico Altare si venera una Madonna vestita come una popolana e seduta in trono o meglio su un seggiolone nell'atto di presentare ai fedeli il suo divin Bambino.
Ancora sull'origine del Santuario
Il bel libretto di Preghiere pubblicato dai devoti al Santuario del Carrozzone per l'apertura del mese mariano con quelle due noticine di storia forse aveva l'ambizione di sintetizzare tutto quel poco che si sa sulle origini e sui meravigliosi fatti di fede accaduti intorno al piccolo ed unico santuario prevallese.
Ma, nonostante la consultazione del libro di P.Anacleto Mosconi, nonostante il ricorso alle polverose carte dell'archivio e ad antichi e nuovi documenti, non aveva fatto i conti con la più semplice e naturale delle fonti storiche: con la memoria degli anziani.
Ecco che così, ancora fresco di stampa, già mostra di non dire tutto quel che si può dire della storia del Carrozzone.
Vediamo allora di fare ammenda umilmente chiedendo venia e cercando di completare quanto omesso.
E' dalla voce di Beniamino Maccarinelli che, saggezza e memoria di ferro insostituibili, apprendiamo come le origini del santuario siano sì avvolte dalla nebbia del passato remoto, ma non del tutto.
E' così che la memoria si fa storia, mettetevi seduti e attenti perché merita di essere ascoltata.
Il buon Beniamino racconta infatti di aver udito molto, molto tempo fa il singolare ricordo intorno all'origine del Carrozzone fatto da una anziana persona di Baderniga che era solita far tesoro dei racconti e di ogni voce che udiva in paese.
L'uomo di Baderniga ricordava che quando era ancora molto giovane un prete di San Michele, durante un'omelia, aveva fatto lo straordinario racconto dell'origine antica del Carrozzone.
Già perché tutti ci interroghiamo. Va bè, l'origine del nome non è legata a carri e carrozze bensì alle distese di prati di carici, va bè che poi venne un voto per scongiurare la siccità e poi ancora un altro per il colera…. Ma, infine, ci chiediamo, perché mai qualcuno pensò di piazzare una santella o un altarino o anche solo un piccolo segno di devozione, proprio in mezzo a quei campi né di qua né di là da Gavardo, tra il Budellone e il Chiese?
Ecco che il prete ascoltato dal buon uomo di Baderniga raccontava come tanto tempo fa proprio in quei prati si fosse combattuta una cruenta battaglia tra due eserciti e che i morti rimasti sul campo fossero stati talmente tanti da richiedere di seppellirli colà e perciò di lasciarvi un segno, una croce, una piccola edicola sacra a segnalarlo come luogo santo di sepoltura.
E questa piccola edicola, riverita dai contadini che frequentavano quei luoghi per il duro lavoro nei campi, venne arricchita nel tempo dall'immagine della Vergine Maria, approfittando del fatto che proprio nei mesi dove i lavori nei campi si fanno più intensi anche i fiori più belli si trovano facilmente per poter essere portati al cospetto dell'immagine di tanta devozione.
E i segni di quella devozione si intensificarono per via del suo essere luogo solitario e così a portata di mano proprio nei momenti del duro lavoro campestre.
Fu naturale dunque rivolgere gli occhi a quella santella rispettata e venerata proprio per scongiurare una drammatica siccità che seminava il panico tra chi lavorava i campi. E se, come racconta don Zanaglio, in quella "fierissima e ostinata siccità, e nel giorno medesimo [della processione votiva], sebben stato sempre sereno, si ebbe un prodigioso refrigerio" allora fu ancora più naturale volgere lo sguardo alla Beata Vergine del Carrozzone per invocare clemenza allo sterminio del colera.
E così tutto si spiega. Grazie a Beniamino che ha dimostrato come conoscere le cose sia effetto di studio, di ricerca, ma anche di ascolto delle persone che ne sanno, cioè degli anziani.
Ma la storia non finisce qui. Quella battaglia di cui raccontava il vecchio prete di San Michele non è cosa inventata e nemmeno dimenticata dalla storia.
Io credo proprio si tratti di quella che è stata chiamata la "battaglia della Bolina". E cercherò di raccontarla.
Nel novembre dell'anno 1700 moriva Carlo II re di Spagna e, non avendo figli, si aprì un'aspra contesa per la successione all'ambito regno. Non essendosi trovata soluzione tra i due fronti contendenti la corona spagnola, Luigi XIV re di Francia da una parte e Leopoldo Imperatore d'Austria dall'altra, si ricorse ad una guerra che venne ad insanguinare anche la nostra terra.
Francesi e Spagnoli da una parte e Tedeschi imperiali dall'altra si scontrarono proprio nei territori della Repubblica Veneta neutrale ma ormai avviata al tramonto di un'epoca, sicchè non fece nulla per impedire che i nostri paesi finissero saccheggiati e orrendamente devastati da questa guerra pur così lontana a queste genti.
Ai primi del 1705 i soldati Imperiali stabilirono il loro quartier generale a Gavardo mentre francesi e spagnoli erano dislocati nei paesi della Valtenesi tra Muscoline, Carzago e Padenghe.
Goglione non fu risparmiato dai gravi atti di violenza e le cronache del tempo sono prodighe di racconti drammatici soprattutto tra la fine del mese di aprile e il maggio del 1705. Il 23 maggio le truppe francesi non essendo riuscite ad occupare Soprazzocco si sfogano sui paesi vicini con atti di incredibile vandalismo. "Svanito il colpo a' Francesi a Soprazzocco saccheggiano Limone e Goglione con tutte le enormità per le chiese e con le donne. A Castrezzone, asportata la campana minore e poi la maggiore, rubato insino l'Olio Santo col quale si ungevano gli stivali, le reliquie, spezzato il Battistero, rotto il Tabernacolo, rubbata la Pisside […] Aperte le sepolture, rimescolate le ceneri de' defunti con la speranza di ritrovar denaro…"
Qualche giorno dopo, il 29 maggio, nuovi spaventi: "Nacque periglioso accidente tra Tedeschi e Prussiani per causa di spartimento di vino a Goglione dove sono andati a foraggiare et abbruciar terra". Al termine si contano due morti e quaranta feriti.
Cinta Gavardo d'assedio i Francesi condotti dal Gran Priore Vendome si attestarono con uno dei migliori reggimenti nella cascina Bolina e stabilirono il loro quartier generale a Longavina e Rampeniga di Muscoline.
Ma i tedeschi imperiali, guidati dal principe Eugenio di Savoia abile stratega e condottiero, decisero di contrattaccare scegliendo la notte sulla domenica 31 maggio che era la festa di Pentecoste.
Un migliaio di prussiani con quattro pezzi di artiglieria a cui erano state fasciate le ruote con delle coperte perché non facessero rumore e dessero l'allarme ai francesi attaccarono di sorpresa la Bolina. Trascinati a braccia i quattro pezzi contro una delle porte del grande cascinale li scaricarono contemporaneamente aprendosi una breccia attraverso la quale fu sferrato un furibondo attacco alla baionetta in una mischia terribile. I Prussiani rimasti fuori aprirono delle feritoie nei muri e presero a sparare all'impazzata. I Francesi chiesero la resa ma venne loro negata e furono inseguiti fin nelle cantine e nella torre colombaria.
Nel frattempo i Prussiani nella foga dell'attacco non avevano tagliato il ponte che i Francesi avevano gettato sul Chiese per cui ecco che ad un certo momento piombarono dal colle di San Martino due reggimenti in soccorso degli assediati nella Bolina. A loro volta i Tedeschi lanciano nella mischia un altro reggimento e nei dintorni si scatena una battaglia generale.
La mischia dura tutta la notte e solo sul fare del giorno il Principe Eugenio preso sotto i cannoni dalle alture del San Martino fa suonare la ritirata dei suoi verso Gavardo e la Bolina rimane in mano ai francesi.
Le perdite furono assai gravi da ambedue le parti. Furono calcolati a 600 i Tedeschi posti fuori combattimento di cui 400 feriti ma tra i Francesi le perdite furono ancora superiori.
Molti cadaveri galleggiavano sul Naviglio e molti erano dispersi nei campi circostanti.
Solo alla fine di giugno gli eserciti lasciarono queste terre tormentate e ridotte in grave miseria.
A.MOSCONI, Il paese di Prevalle, Brescia 1984, p. 21.
A.BRUNI CONTER, Appunti di storia di Gavardo, Brescia 1966, pp. 72-80.
Una nota interessante sul dipinto della Madonna con Bambino del Carrozzone
Quando si dice ascoltare i suggerimenti di chi ne sa… Non solo si possono scoprire curiosità insospettate sull'origine del nostro Santuario ma, perché no, anche sulle fonti che hanno ispirato l'ignoto autore del quadro che campeggia sull'Altare del Carrozzone.
Questa volta è la signora Marì Ballerini a cogliere con acuto intuito la somiglianza tra un dipinto del pittore veneto Giorgio Barbarella meglio noto come Giorgione (nato a Castelfranco Veneto nel 1477 e morto a Venezia nel 1510).
Uno tra i capolavori dell'artista, iniziatore del Cinquecento veneto, è la pala del Duomo di Castelfranco Veneto che ritrae la Madonna in Trono con Bambino e con i Santi Francesco e Liberale. Realizzata probabilmente nel 1505 il dipinto è un olio su tavola lignea ed è tra le opere più conosciute del rinomato pittore.
Le analogie della raffigurazione sono indubbie sia nella postura della Madonna e del Bambino sia, nelle pieghe degli abiti sia poi in alcuni precisi particolari: la mano della Madonna dolcemente poggiata sul bracciolo del Trono, il drappo che scende dalla spalla sinistra della Madonna e il panno che avvolge il Bambino.
Vero è che i colori degli abiti, il Trono e le aureole oltre alla profonda diversità dei visi ne fanno due dipinti ben diversi, tuttavia vi è da pensare che l'ignoto autore del dipinto del Santuario abbia ripreso un tema conosciuto vuoi per averlo memorizzato visivamente oppure per averne a disposizione uno schizzo.